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LE BENEDIZIONI

Cosa sono ? quando si usano? Diversi anni fa i sacerdoti o i frati solevano entrare nelle case di tanto in tanto per benedirle. Questo ora purtroppo non accade più. Ma capita che un ammalato riceva una benedizione da un sacerdote, ovvero per fede o per scaramanzia, sono le persone a chiamare il sacerdote in casa o nei negozio o negli studi quando si deve avviare un’attività, o si porta la propria auto o la propria moto dal sacerdote per la benedizione e quindi per sentirsi protetti dal divino.

Ma cosa significa realmente “benedire”? Dire-bene. Ma può anche essere una lode che la persona rivolge a Dio per la sua bontà o per quello che ha ricevuto nella vita o per quello che vorrebbe ricevere nella sua vita. La benedizione biblica evoca ricchezza. Ma la ricchezza essenziale è quella della vita, della fecondità. Di sicuro sappiamo che le benedizioni, al pari delle maledizioni hanno la loro efficacia? Vi è mai capitato di sentire di fidanzati che non hanno ricevuto la benedizione dai genitori dell’uno o dell’altro? La vita per quelle coppie che partono da un amore autentico diventa un vero inferno. Ma qui vogliamo parlare solo delle benedizioni.

La benedizione è uno dei più grandi doni tramandati dalla tradizioni antiche. Attraverso di esso ci viene chiesto di ammettere la possibilità che ogni evento che si svolge nel nostro mondo, nelle nostre vite e alla nostra presenza, abbia preso origine senza eccezioni, da una singola “Fonte” di tutto ciò che esiste. Ci viene chiesto di ammettere la possibilità che esista una Fonte di tutto ciò che è conoscibile durante l’esistenza umana e che, in quella prospettiva, qualunque evento accada, sia esso gioioso o doloroso, debba essere visto come parte dell’Uno, come parte del tutto di quella Fonte, di tutto ciò che esiste. Nel momento in cui benediciamo un evento che ci ha ferito, o una persona che ci ha causato dolore o sofferenza, ne affermiamo la natura divina o sacra che è divina e sacra, proprio perché esiste in virtù dell’Uno e come parte di esso.

La benedizione è forse in assoluto uno dei più potenti “codici vibratori” che ci siano stati tramandati e raramente ci è stato mostrato come applicarlo. Il dono della benedizione rappresenta per noi l’opportunità di sbarazzarci delle cariche negative contenute nei nostri organismi e di procedere con le nostre vite. La benedizione può essere definita come una qualità di pensiero, di sentimento ed emozione. Ci permette di riconoscere la natura santa, sacra e divina di qualunque evento sia occorso e non indica accettazione, consenso o condono di una qualunque azione, semplicemente riconosce la natura divina dell’evento e ci permette di procedere in avanti con la vita. Se c’è una Fonte di tutto ciò che esiste, allora senza eccezioni, tutto ciò di cui noi siamo testimoni nella vita deve appartenere a quella Fonte, deve avere una natura sacra e divina. Quando benediciamo la persona che ci ha fatto molto soffrire, affermiamo la sua natura santa e sacra, nient’altro. Ricordiamo che in ogni essere umano convivono il bene e il male. Il nostro sforzo quotidiano deve essere quello di tirare fuori la parte migliore di noi stessi. C’è qualcosa di magico che accade quando lo facciamo. Per riuscire a comprendere il ruolo della benedizione nella nostra vita è necessario farne l’esperienza personalmente. Il linguaggio umano non può esprimere quello che accade. E’ necessario prima di tutto che noi riconosciamo la nostra sacralità. La benedizione è un atto santo.

Cosa affermiamo quando benediciamo qualcosa o qualcuno ? Cosa succede se benediciamo ciò o chi ci ha profondamente ferito? Immaginate che persona potente bisogna essere per fare questo! Si tratta considerare le persone che hanno causato la sofferenza più profonda, e di dire: “Io benedico questa cosa! Io benedico questa persona” Con quella benedizione state solo dicendo che ciò che è accaduto è sacro, divino, santo, che fa parte dell’Uno, anche se non capite che posto ha nell’insieme. Ma nel fare questo si prova magari nel tempo, un senso di liberazione, infatti questa emozione potrebbe non essere così immediata. Quando qualcosa ci ferisce nella vita, di solito vanno presi in considerazione due o tre aspetti: l’origine della ferita, l’urgenza della ferita e talvolta anche il testimone della ferita.

Prendiamo ad esempio il massacro del Rwanda (dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, vennero massacrate sistematicamente – a colpi di armi da fuoco, machete pangas e bastoni chiodati – almeno 500.000 persone; le stime sul numero delle vittime sono tuttavia cresciute, fino a raggiungere cifre dell’ordine di circa 800.000 o 1.000.000 di persone. Non si riescono neanche ad immaginare tutti quegli esseri umani massacrati dai propri concittadini, giacere morti lungo le strade di campagna del Rwanda! Come possiamo gestire una cosa del genere? Possiamo razionalizzarla qui nella testa, mentre qui, nel cuore, resta qualcosa che fa male. Cosa succede se, pensando ai soldati che hanno preso le vite di quelle persone diciamo: “Siano benedetti quei soldati!”. Non si stanno affatto condonando le loro azioni, non si sta esprimendo accordo sull’accaduto, si sta solo riconoscendo che fanno parte anch’essi dell’Uno.“Siano benedetti i soldati che hanno prese quelle vite, siano benedetti coloro che hanno dato la vita, siamo benedetti noi che ne siamo stati testimoni!” .

Sapete che potenza è necessaria ad un essere umano per fare questo? Non state acconsentendo al fatto che il gesto si ripeta, state solo rimuovendo la carica dal vostro corpo. Riuscite a sentirlo anche in questo momento? Se noi giriamo le spalle a quelli che ci sono apparsi come gli orrori di questo mondo o semplicemente li ignoriamo, non potremo mai trovare il nostro potere; i nostri più alti livelli di maestria li troveremo nell’essere testimoni di ciò che ci ha offerto la vita e nel ridefinire il significato di quegli eventi. Se ne ridefiniamo il significato e riusciamo a liberarci, allora possiamo andare avanti nella nostra vita.

Quello di cui stiamo parlando non ha nulla a che fare con il compiacimento e non riguarda un’azione che nasce dalla rabbia o dalla vendetta, riguarda piuttosto un’azione che scaturisce da un punto della nostra emotività che ha acquisito potere. Avete due opzioni: – attraversare la vita trovando un modo per riconciliare ciò che essa vi offre- attraversare la vita considerando una serie di sfide piene di conseguenze. Sforzatevi di fare entrare nella vostra vita quella grande forma di guarigione che è il dono della benedizione e cercate anche di comprendere il significato profondo che ha per voi, probabilmente verranno fuori delle emozioni sotto forma di lacrime. Ma il pianto non rappresenta necessariamente la tristezza, le lacrime sono anche un modo in cui il nostro fisico risponde alla rimozione della carica, trovando un nuovo equilibrio, equilibrio che giunge proprio nei momenti in cui meno ce lo aspettiamo.

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